Giuseppe Zeno: E s’aprono i fiori notturni

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E s’aprono i fiori notturni¹

 

X agosto

[San Lorenzo] […]

di stelle per l’aria tranquilla²

passano stelle e stelle³

ne’ l’aria ancora apria bocci di stelle4

ginestre in fiore5

nella calma dell’estate6

Una stella sbocciò nell’aria.7

[ma ora verranno le stelle, /le tacite stelle]8

 

Per la celebrazione della poesia di Pascoli che si è tenuta la sera dello scorso 10 Agosto 2019A

[presso quella che fu la sua abitazione in località Castelvecchio di Barga e oggi sede della fondazioneB a lui dedicata]

la lettura nell’edizione di quest’anno

è stata affidata a Giuseppe Zeno.

 

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L’attore si è assunto l’impegno con grande serietàed umiltà offrendo

un’interpretazione sentita

ma come lui stesso ha voluto sottolineare,

nel rispetto di un grande classicoD non si è voluta una rilettura:

-...Per la sua grandezza

[…] e la quantità […] di suggestioni, […]

va solo semplicemente reinterpretato,E

quindi […] da lì ho cercato di restituire… restituire qualcosa anche di mio,

mettendoci sicuramente del mio…

però restando totalmente fedele a quella che è la […] poetica del Pascoli-.

 

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…Mi trovo nel dolce paese lontano9

Paese notturno10 da Barga11

Bosco12

ecco un lume13

A casa mia giunto sul vespro […]14

 

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La casa è serrata; ma desta15

[io vedo un sogno ch’è pur cosa vera]16

Casa mia1Festa lontana18

Finestra illuminata19

 

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Così fatto è lassù tutto un giardino.20

Per un attimo fui nel mio villaggio,F /nella mia casa. [Nulla era mutato]21

Nel giardino22

nel mio giardino, […] col gelsomino rampicante al muro23

 

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Dai calici aperti si esala

l’odore di fragole rosseG

 

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La mia sera24

Alle prese col destino25

nell’ora /così bella se a te conduce26

io la inseguo per monti, per piani,

/nel mare, nel cielo: già in cuore

 

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/io la vedo,

già tendo le mani,

/già tengo la gloria e l’amore.27

Cielo e terra dicono qualcosa /l’uno all’altro nella dolce sera.28

[parlan d’amor]29

Com’è più lieta la tua visita, quando /un poco accenni delle rosee dita;30

Chi sei, che venisti, coi lieti / tuoi passi, da me nella notte?31

E il tuo cuore? il tuo Cuore?32

 

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Lontana sì, ma io sentia nel cuore

/che quel lontano canto era d’amore:33

né bramoso più, né sazio ancora,

/lascia il festino34

più bello il bacio che d’un raggio avviva /occhio che piange35

non è che un addio!

[Ma bello è quest’impeto d’ala]

 

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Già cala /la notte: io torno36

quel mio sogno al raggio d’un’aurora /nuova37

un palpito38

È l’ora; […] È tardi39

Mezzanotte40 

Aspetta ancora, aspetta41

fior di spina sorride.42

 

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…il primo a cantare l’amore

chi è?43

Nel Parco44, presso l’arche […] da quell’arche uscito45

solo soletto46

Tu cerchi un Vero. Il tuo pensier somiglia

 

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un mare immenso: nell’immenso mare,

una conchiglia; dentro la conchiglia,

una perla: la vuoi.

 

Giuseppe_Zeno_Sul_Palco_Casa_Pascoli_Valentina.ink

 

[viso di sfinge,] t’apre i suoi verdi occhi…47

quelli occhi che toccano appena48

pupille fisse che chiedono49

[Una fronte bianca  di sfinge]50

occhi di brace /apre, e tace51

esso tutt’occhi52

[come un’ombra di arcano]53

 

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cercavo quelli occhi54

con  tra le mani che sentian di lauro55

[rise, così,] con gli angioli; con quelle56

nuvole d’oro, nuvole di rosa

Dopo?57

 

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La felicità58

[Oh!] Valentino

che [tra il ciliegio salta, e] non sa

ch’oltre […] il cantare, l’amare

ci sia qualch’altra felicità.59

 

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[È l’alba: si chiudono i petali

un poco gualciti; si cova,

    dentro l’urna molle e segreta,]

[non so che] felicità nuova.60

 

 

 

 

 

 

Note al Testo

A Nel corso della serata, per la Regia Alessandro Bertolucci, con la direzione artistica di Luigi Roni e presentata da Luca Scarlini, si sono alternate le letture di Giuseppe Zeno ad esecuzioni musicali: diretti dal maestro Andrea Albertini, l’orchestra Ensemble Le Muse, Diego Cavazzin (tenore)Linda Campanella (soprano) e Christine Knorren (soprano).

B La Fondazione Pascoli

C Arrivata un po’ in ritardo, il primo che ho incontrato è stato proprio Giuseppe Zeno, intento a rileggere e ripassare durante gli intermezzi musicali [V. anche, note alle citazioni, 45]. Durante tutta la serata ho potuto vedere da molto vicino quindi, l’intensa partecipazione e l’impegno con cui, l’attore, ha affrontato l’incarico non facile. Nessun poeta è facile da interpretare: i poeti stessi si trovano in grande imbarazzo nel dover rileggere in pubblico ciò che hanno scritto. La scalata tra i versi di Pascoli è resa difficile dalla metrica complessa, impervia; la scelta delle parole ciascuna delle quali prende il suo infinito suggestivo spazio, le assonanze, le ripetizioni le allitterazioni… Zeno ha saputo districarsi con grande naturalezza pur evocando con la giusta importanza il “Verismo” pascoliano. Anche grazie ad una dizione perfetta che ha saputo restituire il suono e la musicalità dei componimenti con un’esattezza ed una precisione che certamente Pascoli avrebbe molto apprezzato.

D Il rispetto dovuto ad un grande classico di una portata rivoluzionaria senza precedenti nella storia della letteratura italiana. E tale è la rivoluzione poetica di Pascoli, da essere stato frainteso anche dalla critica a noi contemporanea. Ad esempio, non mi trova d’accordo, l’osservazione di Sanguineti  che nella sua antologia critica commenta: -…uno stile medio-sublime che naturalmente approda all’encomio medio-borghese…- [E. Sanguineti, Poesia italiana del Novecento]. Trovo invece corretta la visione di Giuseppe Petronio: –Basta sfogliare Myricae e si è in un altro mondo: aratori, carrettieri, lavandaie, buoi, uccellini pigolanti sugli alberi, piante, fiori di campo... […] ma in Pascoli questi temi non sono episodici […] Tutt’altro che ingenua dunque è quella sua poesia di umili temi […] Per rendersi conto della distanza che lo separa dallo stesso Carducci […] Si vedano “cosicciuole” come Lavandare o […] Arano;  Solo, dice, -in apparenza sono quadretti di genere-.

In Pascoli colpisce l’approccio innovativo, assai lontano dal concetto di Sublime ottocentesco, con la natura. Non più specchio riflesso dell’animo umano (com’era nel Realismo ottocentesco di Courbet) ma neanche un più ridotto Verismo verghiano. In Pascoli il rifugiarsi nella natura ha una notazione nuova, anche rispetto allo spirito decadente di pura fuga dalla modernità e, va ben oltre il sogno di un mondo naturale visionario e simbolista.

 

Giuseppe Zeno legge Pascoli, Valentina.ink

 

Tale è lo spirito della natura in Pascoli: stelle che tutto vedono, alberi saggi, piante ed animali che parlano e si sottraggono al mutismo che gli uomini hanno loro riservato. Mare che sente, Luna che appare. La nuova vita suggerita dalla natura.

Basta osservare le liriche:

I due fuchi -Due fuchi udii ronzare sotto un moro. /Fanno queste api quel lor miele (il primo /diceva) e niente più: beate loro! /E l’altro: E poi fa afa: troppo timo!-

Il cuore del cipresso  -…Tu canti sommesso […] E il tuo cuore? il tuo cuore? […] E il tuo sogno?…-

Il castagno –stavi, e vedevi tu…-

E la stella che vede, ne parla /al cielo infinito; ah! in vano- [L’anello, in Myricae]

-Dov’ero? Le campane /mi dissero dov’ero– [Patria, Myricae].

Per convenire che, in Pascoli, è la natura piuttosto che osserva noi. Con le sue leggi eterne e più alte rispetto alla società costruita dall’uomo.

Interessante a questo proposito, il commento di Giuseppe Petronio nel porre a confronto le liriche del bove di Carducci e di Pascoli. Nella lirica di Carducci è l’uomo ad osservare amorevolmente la natura, nella lirica di Pascoli è Il bove che allarga il suo occhio sull’orizzonte: – guarda il bove[in Il Bove, Myricae].

La natura è rivelazione di una Quiete più alta, per usare un’espressione dello stesso Pascoli [in Il sogno della Vergine, Canti di Castelvecchio].

Così, in Pascoli la visione della natura è già pienamente novecentesca (sebbene si sia fatta attraversare, è indiscutibile, dalla scia delle correnti ottocentesche).

Nel microcosmo naturale è presente la legge Morale, una ulteriore alternativa risorsa e risposta alle leggi fallimentari dell’uomo. La natura è vista non più, e non solo, con il Decadentismo della fuga e del rifugio ma è anche la speranza in un mondo nuovo. Una Felicità Nuova (cit. V. nota 1).

E con essa i riferimenti alla vita, alla quotidianità, non vedono alcun compiacimento piccolo-borghese [come voleva supporre Sanguineti]. Ma al contrario, la quotidianità e gli oggetti, così come la natura, sono rivelatori per l’uomo di riflessione su se stesso. Perdono la loro connotazione materiale per essere significativi in una chiave di lettura, esistenziale ed acquisire un nuovo [novecentesco] senso morale che prelude a Montale.

Anche Giuseppe Nava, uno dei più autorevoli conoscitori della poesia di Pascoli, conviene nel dire che, a Pascoli, va riconosciuto il merito di: –Aver anticipato l’uso simbolico degli oggetti che [si] troverà poi in Montale.-

Quanto detto sul piano concettuale: si fa ancor più evidente nel linguaggio, nella vera e propria rivoluzione formale che Pascoli ha operato.

Contrariamente a quanto sosteneva Pasolini: -…certa ricerca impressionistica (di cui sono esempio le celebri lirichette del Lampo e del Tuono) [su Pascoli, in Passione e ideologia].

Capolavori come Il tuono e Il lampo:

Tutt’altro che quadretti impressionisti, riflettono una visione ed una tecnica espressiva novecentesca, visiva, già affine al montaggio cinematografico, piuttosto. [Come anche la costruzione di alcuni componimenti: in Temporale o anche in X Agosto: dove, fa presagire il dramma che si svolgerà poi affogato nel buio silenzio, da una notte estiva, pacata e stellata].

Pasolini, molto ingiustamente, descrive Pascoli come caratterizzato da: –un’ossessione tendente patologicamente a mantenerlo sempre identico a se stesso, immobile, monotono e spesso stucchevole, e uno sperimentalismo che quasi a compenso di quella ipoteca psicologica, tende a variarlo e a rinnovarlo incessantemente.- Una definizione indebita, a mio avviso.

La ricerca artistica rivoluzionaria di Pascoli non trova precedenti ed è assai più profonda di un vago sperimentalismo stilistico.

Pascoli, profondo conoscitore della letteratura antica e moderna, italiana ed estera, si è spinto in una ricerca artistica di portata antologica a cavallo tra 800 e 900. Con grande sensibilità: nelle poesie di Pascoli le parole e i versi si arricchiscono di valori tonali, hanno una temperatura, per così dire, che determina poi, l’intonazione che caratterizza il singolo componimento. E, grande sì, maestria nell’uso della tecnica, che qualche volta gli è valsa un’accusa di pedanteria.

Ricerca sofisticata al punto, da essere poesia nella poesia. Attraverso una metrica caleidoscopica per ricchezza, complessità e fantasia. Con esiti estetici di una bellezza imprevedibile.

Pascoli introduce espressioni proprie del linguaggio parlato, in poesia. E ancora, accanto al linguaggio aulico, come anche Pasolini fa notare: –si arricchisce […] di lessico vernacolare– [Pasolini, ibid.].

Pascoli, aveva una conoscenza approfondita della cultura popolare [dimostrando, anche in questo, un approccio all’avanguardia: attribuendo ad essa, la stessa importanza della cultura istituzionalizzata, al formarsi della matrice culturale italiana; mai indulgendo nelle storpiature di Genere, tanto in voga nel suo tempo]. Per cui, non trovo adeguati i riferimenti pasoliniani: – …ci troviamo di fronte allo schema della poesia media dialettale del primo Novecento […] De Titta, […] Costa, […] Lorenzoni, ecc…- [Pasolini, ibid.].

Piuttosto, in Pascoli il riferimento più congruo va, a parer mio, ad Andrea Zanzotto, la cui sofisticata ricerca artistica comprende forme dialettali. E infatti, lo stesso Zanzotto, è stato un grande estimatore della rivoluzione operata da Pascoli in ambito linguistico.

 

Giuseppe Zeno legge Pascoli, Valentina.ink

 

Tuttavia, Pasolini, riconosce a Pascoli, il merito di aver introdotto –nella lingua poetica la lingua parlata– e, sebbene in forma molto riduttiva, individua alcuni aspetti che in Pascoli preludono al linguaggio espressivo dei più importanti poeti che si sono succeduti nel corso del successivo novecento, evidenziando analogie con Sbarbaro, Saba, Montale, Ungaretti, Onofri, oltre i crepuscolari.

Trovo necessario, qui, estendere queste osservazioni e farne, per inciso, alcuni esempi.

La poesia crepuscolare sembra attraversare la meravigliosa lirica Germoglio [in Myricae] composta invece da Pascoli nel 1892. Anche Notte d’inverno [Canti di Castelvecchio] prelude ai crepuscolari. O l’espressione: Il poeta solitario che anticipa Corazzini.

Mentre la lirica Per sempre evoca Libero de Libero. Gli stessi versi –Ed ecco i flutti verso te balzare /su dall’interminabile pianura– si direbbero scritti da Libero de Libero, invece pubblicati da Pascoli già nel 1890 [Il FiumeMyricae].

Oppure il verso -A tutte le ore gettate all’aria– [Primo canto, Canti di Castelvecchio] che sembra un’espressione di Boine.

Alcuni passi de Il sogno della Vergine, sembrano terzine e quartine di Nino Oxilia. Come anche i versi –che vedi? Un vòto /vortice, un niente.– ancora preludono a Nino Oxilia e nulla hanno più di ottocentesco, assieme ai meravigliosi versi –ove una foglia casca, /muta, per ogni battito di cuore.– [La Siepe, Myricae] potrebbero appartenere al novecento maturo ed invece pubblicati da Pascoli, per la prima volta nel 1889.

Le riflessioni sulla figura del poeta: –Io sono una lampada ch’arda…– [La Poesia, Canti di Castelvecchio] in cui anticipa L’incendiario  di Palazzeschi;

O i versi: –Un murmure, un rombo […] /che avviene nel mondo? […] /…quel lugubre rombo.- [Il nunzio, Myricae] che accanto al titolo Il Bolide [Canti di Castelvecchio] sono anticipatamente futuristi, anche se l’incipit di quest’ultimo componimento, prelude L’assenza di Guido Gozzano, –non c’eri– [Il BolideCanti di Castelvecchio]. Il tema del giardino che “parla” dell’assenza è anticipato in Pascoli, in svariati componimenti; tra questi la lirica Rosa di Macchia che termina con –forse, una sera.– dopo un inizio che precede (oltre Gozzano, anche) I fiori di Palazzeschi, con i versi: –Rosa di macchia […] ridi non vista-.

Scritti da Pascoli nel 1890: –Tramonta un’Alfa, e pullula dal fondo /cupo un’Omega– sono versi che anticipano, l’Avanguardia di Ardengo Soffici e perfino la neo-Avanguardia di Luciano Erba. E sempre la neo-Avanguardia di Sanguineti trova un’antcipazione nella lirica pascoliana Nozze [Myricae], dove compaiono versi citati per intero dal greco, anche qui scelti per la potenza evocativa espressiva del suono.

Da notare come, invece, La canzone dell’ulivo anticipa Ungaretti.

Componimenti come Galline o Il cane [entrambe in Myricae], non tanto nel soggetto, ma anche proprio nella forma, sono molto vicini alla ricerca successivamente portata avanti da Saba. Mentre la terzina metafisica:- ampie ali aprono immagini grifagne /nell’aria; vanno tacite chimere, /simili a nubi, per il ciel profondo- potrebbe sembrare un frammento da Quasimodo.

E ancora, anticipa Montale in componimenti come La sirena [Myricae] o anche in Campane a sera [Canti di Castelvecchio] –Il musino aguzzo del topo /è apparito ad uno spiraglio. È sparito, per venir dopo:- ….mi richiama il Montale.

E La lettura di Giuseppe Zeno è cominciata con X Agosto, a cui sono la bellissime interpretazioni: La canzone del girarrosto, Nebbia, Patria, per concludere con Il gelsomino notturno, La mia sera ♥ e L’ora diBarga alla quale è seguito uno scrosciante, infinito applauso dei barghigiani presenti. Durante l’interpretazione il pubblico rapito è tornato fanciullino. –Mi sembrano canti di culla, /che fanno ch’io torni com’era… […] /poi nulla… /sul far della sera.- [La mia seraCanti di Castelvecchio].

F Per un attimo fui nella mia casa. Il giardino: il fantasma evocato di Pascoli, ironicamente, nella fotografia è in realtà la sagoma del Regista ed attore Alessandro Bertolucci. Che ha saputo offrire dell’evento una regia lineare e discreta [e amorevole, mi viene da dire].

La più giustamente famosa e forse anche la più bella sinestesia dei componimenti Pascoliani e della poesia in assoluto [Il Gelsomino notturno; v. nota 1]. Pascoli è ricorso spesso all’uso, altamente espressivo e suggestivo, della sinestesia [-l’accoppiamento di due parole appartenenti a due ordini diversi di sensazioni- Giuseppe Petronio] .

Nella produzione poetica di Pascoli ricca di accostamenti inusuali, contrasti e sinestesie, antitesi, sensi anfibologici, ecco alcune delle più belle espressioni intensamente evocative, a mio avviso:

In Myricae

-…l’orma c’è el tuo grido. (La civetta) – il suo sottil tintinnio come d’oro (Arano) – con tonfi spessi (Lavandare) – Parlano dall’azzurra lontananza (Solitudine) – Il fiume va con lucidi sussulti (Il ponte) – Pace! Pace! Pace! Nella bianca oscurità (Notte di neve) – Un silenzio candido di trine /parla il mistero in suono di vagito. (Vagito) – È tacito, è grigio il mattino […] I solchi ho nel cuore, i sussulti (Il bacio del morto) – …di foglie un cader fragile. (Novembre) – Mare! Mare! […] il tuo urlo e il tuo sussurro (La baia tranquilla) – E nella notte nera come il nulla (Il tuono) – …Sopra la luna che tacita sembra che chiami (La notte dei morti)-

In Canti di Castelvecchio

Dei fulmini fragili restano /cirri di porpora e d’oro. […] Voci di tenebra azzurra… (La mia sera) – E come se voglia e non voglia... (In viaggio) – L’ombra di un palpito, l’orma /di un grido […] Il lume inquieto ora salta /guizzando (Il sogno della Vergine)-

Ho scelto di citare  Il gelsomino notturno all’inizio, alla fine ed al centro dell’articolo. Si tratta del componimento più celebre e da molti ritenuto il capolavoro di Pascoli. [Ed è anche, tra tutte, la mia poesia preferita].

I versi che ho citato nella parte centrale corrispondono pressappoco alla parte centrale del componimento originale, ponendo come fulcro della lirica, la sinestesia più bella e più celebre della storia: l’odore di fragole rosse.

Le prime stesure de Il gelsomino notturno risalirebbero, secondo Giuseppe Nava (uno dei massimi studiosi di Pascoli) a gennaio del 1898 o gli ultimi mesi del 1897. Al 16 Luglio del 1901 viene datata la versione ultima completa, pubblicata l’anno stesso e successivamente nel1903. Un dettaglio importante per me: il 16 Luglio è la data del mio compleanno.

 

 

 

Giovanni Pascoli è citato anche nell’Articolo su Medardo Rosso

 

 

 

 

 

 

 

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LE IMMAGINI DELL’ARTICOLO

Tutto sembrava evocare il Pascoli visionario e ipnotico, [per usare le parole di Sanguineti, tanto caro a lui e a me], nel giardino della sua casa, che per la serata si è fatto palcoscenico.

Poi, nella serie di ritratti a Giuseppe Zeno ho cercato di valorizzarne l’interpretazione umanamente sentita: che ha restituito, delle poesie di Pascoli, il profondo naturalismo con un umiltà del lavoro ed una bellezza della verità che ho voluto riferire, nell’impatto visivo, a Caravaggio.

Volevo risaltare la gestualità dell’attore: mai troppo enfatica altamente suggestiva ma sensibile e delicata; capace di dare forma al variare tonale atmosferico delle parole, nelle poesie di Pascoli, addentrandosi tra i versi in maniera esplorativa. Al punto da evocarne i silenzi e le distanze. [Da qui la scelta degli scatti fotografici multipli che, NB, non sono realizzati con Potoshop].

Nella più appropriata lettura: come ad esempio, nelle onomatopee (mai descritte, mai imitate nel suono ma) evocate per come affiorano nel flebile ricordo, come scaturiscono ferventi dal cuore.

Nel cuore Umano: [-…senti a quando a quando un grido /buono, un palpito– Nel cuore umanoMyricae.]

 

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Riferimenti alle citazioni

 

1 in Il gelsomino notturno, Canti di Castelvecchio.

2  in X Agosto, Myricae.

3 in Rammarico, Myricae.

4 in Con gli Angioli, Myricae.

5 in Il sole e la lucerna, Canti di Castelvecchio.

6 in Dalla spiaggia, Myricae.

7 –…Venir con te? Ma non è dato!–  in Commiato, Canti di Castelvecchio.

8 in La mia sera, Canti di Castelvecchio.

9 in Le rane, Canti di Castelvecchio.

10 Paese notturno, Myricae.

11 in Il ciocco (Canto I), Canti di Castelvecchio.

12 Il bosco, Myricae.

13 – Ecco un lume, una stellina– in A nanna, Myricae.

14 in Nell’orto, in Diario Autunnale (v.Canti di Castelvecchio).

15 in La notte dei morti, Myricae.

16 in Nell’orto, in Diario Autunnale (v.Canti di Castelvecchio).

17 – M’era la casa avanti, /tacita al vespro puro, /tutta fiorita al muro /di rose rampicanti.- in Casa mia, Canti di Castelvecchio.

18 Festa lontana, Myricae.

19 Finestra illuminata, Myricae.

20 in Fides, Myricae.

21 in Sogno, Myricae.

22 Nel giardino, Myricae.

23 in Nel giardino, Myricae.

24 La mia sera, Canti di Castelvecchio.

25 in Un rondinotto, Myricae.

26 in Commiato, Canti di Castelvecchio.

27 in La Felicità, Myricae.

28 Prosegue: –Una stella nell’aria di rosa, /un lumino nell’oscurità–  in L’imbrunire, Canti di Castelvecchio.

29 –Parlan d’amor, di cortesie, d’incanti:- in Notte, Myricae.

30 in Rammarico, Myricae.

31 in Il bacio del morto, Myricae.

32 in Il cuore del cipresso, Myricae.

33 in Lontana, Myricae.

34 in Convivio, Myricae.

35 in Pianto, Myricae.

36 Prosegue da –ma grata è l’ebbrezza del giorno.–  in La bicicletta, Canti di Castelvecchio.

37 in Tra il dolore e la gioia, Myricae.

38 in Nel cuore umano, Myricae.

39  –Tu diciÈ l’ora; tu dici, È tardi, […] Ma un poco ancora lascia che guardi– in L’ora di Barga, Canti di Castelvecchio.

40 Mezzanotte, Myricae.

41 in Povero dono, Myricae.

42 in Nel giardino, Myricae. Sempre in Myricae l’espressione Fiore di spina si trova anche a in Sera d’Ottobre, un altro componimento, tra i miei preferiti di Pascoli che termina con i versi: nei campi intuona una fanciulla la vento: /Fiore di spina!

43 in Il Primo cantore nei Canti di Castelvecchio.

44 Il Parco, Myricae.

45 in Pervinca, Myricae.

45 –Io vo per via guardando e riguardando, /solo soletto, muto, a capo chino– in Contrasto, Myricae.

47 in Un gatto nero, Myricae.

48 in Maria nei Canti di Castelvecchio.

49 in Sogno d’ombra, Myricae.

50 in Paese notturno, Myricae.

51 in Al fuoco, Myricae.

52 in Il piccolo mietitore, Myricae.

53 in Il bacio del morto, Myricae.

54 -[…] Era quello per certo il paese azzurrino– in Placido, Myricae.

55 in Il ritratto nei Canti di Castelvecchio.

56 in Con gli angioli, Myricae.

57 in Dopo?, Myricae.

58 La felicità, Myricae.

59 in Valentino nei Canti di Castelvecchio.

60 in Il gelsomino notturno, Canti di Castelvecchio.

 

 

 

 

 

 

…Un ringraziamento particolare, per questo articolo, ai barghigiani: Enzo, Mauro ed Antonello.

 

 

 

 

 

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